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Patrizia Pepe e il Web ad alzo zero


Il Web italiano si scatena contro il marchio Patrizia Pepe

Comincio col dire che avrei voluto scrivere del caso Patrizia Pepe diversi giorni fa. Poi ho voluto evitare di unirmi al coro del biasimo, limitandomi a seguire la vicenda da vicino. Ho letto diversi aggiornamenti, alcuni dei quali autorevoli, documentati e propositivi. Altri un po’ meno, ma pazienza. Ci sta. La fortuna (o la bravura) sta nel saper discriminare le fonti dal noise di fondo.
Ad ogni modo, dopo una ventina di post, alcune infografiche molto interessanti, commenti, prese di posizione, contro-commenti, contro-prese di posizione, un’idea me la sono fatta. Provo a esprimerla per punti, perché questo è l’unico modo, secondo il mio modesto parere, di eliminare ogni forma di giudizio verso le persone coinvolte e il tema trattato, l’anoressia, delicatissimo per definizione.

Altra premessa: cerco di fare una descrizione quanto più neutra possibile dei fatti. Quella che potrebbe essere confusa per estrema sintesi (o, peggio, superficialità) è invece il tentativo di ricostruire i fatti in una maniera distaccata, senza facilonerie.

1 – viene pubblicata una foto che genera commenti negativi sulla pagina Facebook ufficiale dell’azienda. E’ ritratta una modella magrissima, che suscita da parte di alcuni utenti diversi commenti di biasimo all’indirizzo dell’azienda;

2 – questi commenti negativi vengono gestiti in maniera non adeguata;

3 – il team preposto alla comunicazione online commette un errore. Ok, tutti d’accordo. Un errore come se ne vedono tanti in giro, e sfido chiunque a sostenere il contrario. Io credo sempre nella buona fede delle persone e so benissimo, lavorandoci, che la comunicazione online è un orizzonte nuovo. Quindi, con pochi (per non dire senza) modelli di riferimento, è in massima parte ancora da scoprire. Gli errori fanno parte del processo di scoperta e di sperimentazione. Ma restano, specie online, e non sempre sono un alibi. Non in questo caso;

4 – va precisata una cosa: in realtà il caso Patrizia Pepe, almeno all’inizio, non avrebbe avuto nemmeno troppa risonanza, almeno al di fuori della pagina Facebook dell’azienda. La visibilità online gli deriva in buona parte da alcune menzioni e riprese iniziali fatte in Rete, su Facebook e su Twitter. E ci sono le infografiche che mostrano chi ha, passatemi il termine, “guidato” la conversazione;

5 – queste menzioni iniziali vengono fatte probabilmente con un genuino intento divulgativo (la Rete è condivisione, dopotutto) ma alcuni degli ‘attori sociali’ che guidano questa conversazione online non sono del tutto neutri rispetto alla discussione in atto (l’argomento Patrizia Pepe, ma soprattutto il macro-argomento: “come si comunica sui social media”);

6 – l’azienda prova a sistemare la situazione con un servizio televisivo terrificante, su cui è già stato detto molto. Da qui l’effetto boomerang, che ben conosce chi ha seguito la vicenda, e sul quale non voglio dilungarmi oltre;

7 – da questo momento, da questo preciso momento, la situazione esplode sul serio e parte il fuoco di fila;

8 – l’azienda capisce finalmente di aver fatto un gran casino. Da qui la decisione, a suo modo storica e coraggiosa, di pubblicare online i dati della crisi.

Tutto è bene quel che finisce bene. Pericolo rientrato, o quasi. Intanto, per chi volesse maggiori informazioni, consiglio la visione di questa infografica, che rende conto dell’accaduto in modo veloce, puntuale e completo.

Dicevamo… Ok la condivisione di idee e pareri, ok la critica costruttiva, ok le case histories, in positivo e in negativo. Ok la riflessione su attori che stanno nel mercato italiano. Detto questo, a me restano delle domande:

1 – a chi ha giovato questa situazione per cui, metaforicamente, prima si è sparato poi si sono fatte le domande?

2 – Patrizia Pepe, al netto degli errori commessi, è o non é un bersaglio facile all’interno del contesto di riferimento? Mi spiego: fa gestire la sua comunicazione online e sui social media a un team interno, in cui (correggetemi se sbaglio) non è coinvolta nessuna delle figure più o meno di riferimento del marketing 2.0 in Italia. Secondo me questo è uno dei motivi per cui qualcuno ne ha parlato con dovizia di particolari, decidete voi se oltre al dovuto oppure no;

3 – partendo da quanto sostengo nella domanda 2, sul caso Patrizia Pepe c’è qualcuno che si è spinto fino a “marciarci su”? Perché? E a che pro?;

4 – il fatto che alcuni ‘attori sociali’ coinvolti nell’amplificare il problema non si trovino in posizione neutra rispetto al tema trattato, in quanto operanti nello stesso mercato, come deve essere considerato nel ponderare fatti e opinioni? E come è stato considerato, di fatto, da coloro che hanno preso parte alla discussione? Oppure il capolavoro comunicativo è stato far rimanere questo particolare “sotto traccia”?;

5 – questo “amplificare” la conversazione in che modo ha influito sulle successive scelte dell’azienda?

Le mie sono domande tutto sommato marginali. Il problema resta: cattivo caso di comunicazione online, casini, probabile risoluzione, tanto materiale buono per case histories, powerpoint, keynote da qui a fine anno e forse oltre.. Su questo non ci piove.
Ma continuo a chiedermi: non è che, forse, chi ha iniziato a divulgare la vicenda, partendo magari da presupposti incontestabili, ha finito con l’ingigantire la situazione oltremodo? Una situazione che, con un po’ di pazienza e senza tanti ‘spettatori partecipanti’ a godersi lo spettacolo e a commentare dal proprio salotto, il team interno di Patrizia Pepe avrebbe potuto gestire in altra maniera e senza fiato sul collo.

E se tutto ciò lo potessimo definire “marketing”, quali sono gli obiettivi a medio termine di questa guerrilla?

Update delle 14.15: chi cerca, trova. Questo ottimo post di Paolo Epifani non fa che confermarmi un’idea. Ad un certo punto l’azienda ha cominciato a reagire tipo bestia accerchiata. Lo si può leggere da alcuni tweet di risposta riportati nel post. Ai miei occhi questo si configura come un’implicita risposta alla domanda 5: tutta questa attenzione ‘veicolata’ a un certo punto ha mandato in tilt regole e automatismi della conversazione online e del community management aziendale.

facebook, social media

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