Vivere in modo consapevole: intervista a Silvio Gulizia
Tu non sei un gadget. È il titolo di un fortunato libro sull’allora Web 2.0 che non smetto mai di consigliare, ma è anche e soprattutto un promemoria intelligente per i nostri tempi. Confusione, violenza verbale e fisica, censura, consumo compulsivo e incapacità di confronto sono solo alcune delle cifre che caratterizzano i tempi odierni. Certo, non sono le uniche caratteristiche degli anni Duemila. Io stesso, se volgo lo sguardo lontano dalla quotidianità frenetica e insensata che attanaglia molti di noi, vedo amore, pace, serenità, voglia di stare assieme e condividere punti di vista distanti o, perfino, apparentemente inconciliabili. Di ritrovare una dimensione etica nel proprio lavoro. Di riorganizzare la propria azienda, magari grazie a un approccio zen al business.
I media possono avere un ruolo decisivo per favorire il confronto e costruire una società sostenibile. Se la maggior parte non lo fa, ciò accade per mille motivi: dalla schiavitù a un sistema economico che li obbliga a reggersi tu titoli urlati, fake news e sulla continua stimolazione di paura e nostalgia (le due grandi emozioni indotte del nostro tempo) alla ricerca ossessiva di pubblico, presenza e “identità”. Ricerca ossessiva che peraltro infetta ognuno di noi. Sì, anche quando andiamo a caccia di like o, tramite l’uso compulsivo dei social media, costruiamo un enorme feticcio digitale e iper-reale.
Per questi e altri motivi, dal 2013 non possiedo una televisione, leggo solo notizie filtrate grazie al mio decennale e agguerritissimo Feed Reader e ho messo in atto un progressivo “taglio dei rami secchi dei social”, di cui ho parlato in diverse occasioni
Se vuoi approfondire (ma prima leggi l’intervista!):
Social media downsize. Capitolo 1: lo smartphone
Social media downsize. Capitolo 2: Instagram
Social media downsize. Capitolo 3: Instagram, Twitter, Tumblr
Tuttavia non è di me che voglio parlare oggi. Anzi, vado subito al punto. Sono felicissimo di dare spazio a un collega cui mi unisce una comunanza di intenti e, probabilmente, una visione del mondo non troppo dissimile. Parlo di Silvio Gulizia, giornalista e consulente. Dice di voler “hackerare la vita” e per questo motivo cura un progetto che seguo con assiduità e attenzione: vivereintenzionalmente.com.
La ricetta di Vivere Intenzionalmente è semplice: sito e newsletter settimanale propongono in pillole la sfida più dura ma più vera che c’è: diventare se stessi. Silvio sa di cosa parla. Pertanto propone storie, ispirazioni, suggerimenti, strumenti utili e metodologie che ha sperimentato su se stesso con l’obiettivo di scardinare quegli aspetti della vita che col tempo sono diventati abitudini malsane, convenzioni striscianti, trappole mentali.
Un giorno gli ho proposto di rispondere ad alcune domande. È un modo per ringraziarlo per il suo impegno, e lo dico al di là di ogni cerimoniale o retorica. Comunque, ecco cosa mi ha detto:
Tu dici che la meditazione ti ha aiutato molto nel tuo percorso di sviluppo personale e professionale. In che modo? Ce ne vuoi parlare?
La meditazione è lo strumento che mi aiuta a ricordarmi quello che sono, una porta attraverso cui passa dell’aria. Può passare più aria o meno aria, ma nella mia porta passa aria come nella tua e in quella di tutti. Quando capisci questo, impari a vivere senza attaccamento verso tutte le cose e pensieri. Senza attaccamento, riesci a giudicare oggettivamente le cose, e solo quando sei in grado di fare ciò diventa più facile comprendere quali siano le azioni giuste da compiere.
Cosa vuol dire “vivere intenzionalmente”? E come mai attorno a questa espressione hai costruito un progetto?
Viene dall’inglese living intentionally. Mi piace pensare che significhi metterci la testa in quello che fai. Trattare la tua vita come un progetto, anzi come il più importante. All’atto pratico, allineare le tue azioni con le tue intenzioni, che sono poi gli strumenti con cui realizzi il tuo progetto di vita.
Ci puoi raccontare qual è la sfida che proponi ai tuoi lettori?
Comprendere quali siano i propri valori e quali azioni siano necessarie per concretizzarli, perché, come diceva Aristotele, siamo quello che facciamo. Quindi se facciamo qualcosa di diverso non siamo noi stessi. la cosa più difficile è essere se stessi senza farsi distrarre.
E quali obiettivi ti sei posto quando hai deciso di dare vita a Vivere Intenzionalmente?
Sperimentare cose nuove e scrivere. In termini tecnici, avrei voluto che fosse un master in blogging, e sotto questo aspetto si è rivelato essere anche di più.
Sono iscritto da un bel po’ alla tua newsletter. Vi trovo spesso dei contributi interessanti e capaci di approfondire temi decisivi riguardanti il rapporto tra uomo ed ecosistema tecnologico. Cosa mi puoi dire di questo rapporto? Come si è evoluto, e a che punto è?
Le macchine sono sempre più intelligenti e gli uomini sempre più capaci di usarle in maniera intelligente. Il problema è che a volte lo facciamo l’uno contro l’altro. Con il tempo ho capito che la tecnologia va presa per quello che ci serve, non per quello che ci offre. Non ci servono 100 app sullo smartphone, a volte ne bastano un paio, ma è difficile rinunciare a una sola di quelle che abbiamo.
Spesso vedo contrapporsi un entusiasmo acritico nei confronti dei canali di comunicazione digitale e social network. In altre situazioni, invece, sento attorno a me un clima di paura e ossessiva diffidenza, come se il Grande Fratello orwelliano fosse rinato davanti ai nostri occhi. So per certo che la verità sta nel mezzo, per cui ti chiedo: da quali basi è possibile ripartire per costruire un rapporto armonico tra uomo e tecnologia?
I social media sono un errore del passato. Stanno morendo, anche se il marketing sta cercando di tenerli in piedi. Non credo sia necessario costruire un rapporto fra uomo e tecnologia. La tecnologia spesso è un’opzione di cui non abbiamo bisogno. Purtroppo però siamo abituati a spostare l’attenzione da quello di cui abbiamo bisogno a quello che potremmo avere. La cosa più atroce sono i telefonini in regalo con i televisori: qualcuno pensa che regalandomi un’altra tecnologia comprerò la prima, e se lo fanno è perché qualcuno poi ci casca. Quando ti regalano qualcosa è sempre perché ti rubano altro. L’unica tecnologia che dobbiamo cercare è quella che ci risolve problemi concreti che tocchiamo con mano. Non mi fraintendere, io amo la tecnologia, ma bisogna imparare ad amare di più noi stessi.
E sempre a proposito di tecnologia, tu hai parlato apertamente di dipendenza. Smartphone e social network sono tecnologie ormai profondamente innestate nel tessuto connettivo umano, al punto che è praticamente impossibile vivere senza di essi. È invece possibile usarli in modo consapevole, senza essere schiavi di particolari logiche di consumo? Come si può fare?
La questione non è come, ma quando. Adesso. Io non uso più i social, per esempio. Ogni tanto sì, se mi servono lo faccio un post su Facebook o twitter, ma non ci vivo più lì. Sai cosa succede quando te ne vai? È come smettere di fumare: quando torni a dare uno sguardo ti fa schifo, e guardi a quelli che ci stanno pensando “sfigati”. Eppure, una volta era là fra loro… ancora una volta, tutto si riduce a prendere solo quello che ci serve, niente di più, il che è il principio base del minimalismo.
Quali sono i principali pericoli del digitale? Come possiamo evitarli?
Sono gli stessi del mondo reale. Le opportunità. Bisogna solo imparare a dire di no a quello che non sta dalla nostra parte. Tracciare una riga nella sabbia e dire: ecco, io sto di qui, e di qui ci stanno questo e quello. Per il resto, non c’è spazio.
Quali sono invece le principali opportunità? Quale sforzo dobbiamo fare per coglierle appieno?
Il digitale ti consente di esprimerti e raggiungere gli altri. Se ne hai bisogno, è molto utile, ma se non ti serve basta lasciarlo andare. Nel digitale dobbiamo cercare solo quello che ci serve per il nostro progetto di vita.
Oltre al tuo blog, quali letture consigli a chi vuole riprendersi il proprio tempo e vivere in modo consapevole?
zenhabits.com, liveanddare.com e jamesclear.com sono tre blog dai quali comincerei.
Consulente per la comunicazione digitale. Mi occupo di Content Strategy, Content Marketing e Storytelling. Aiuto i miei clienti a progettare narrazioni e contenuti digitali che funzionano e portano risultati misurabili. Il mio approccio è media neutral: utilizzo indifferentemente testi, immagini e video per creare valore tangibile. Organizzo corsi di formazione in azienda, insegno presso l’Istituto Europeo di Design di Milano. Ho condensato parte del mio metodo di lavoro nel volume “Manuale di scrittura digitale creativa e consapevole” (Flaccovio, 2016), con l’obiettivo di aiutarti a produrre contenuti di livello eccezionale.
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