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Esercizi di scrittura creativa


Esercizi di scrittura creativa. La guida più completa per imparare la scrittura creativa grazie a un metodo di scrittura originale.

Voglio scrivere in modo creativo!”. Si fa presto a dirlo, un po’ meno a farlo. Già, perché intorno alla scrittura creativa si è detto tanto e tanto altro si dirà, come riguardo a tutti gli argomenti rispetto ai quali ogni ragionamento in più aiuta ad avvicinarci alla verità ma non a coglierla appieno. Così è per il rapporto tra parole e creatività, sul quale ci si interroga da diversi decenni producendo metodi o tecniche che promettono l’esplorazione di uno spazio nuovo, fatto di parole e, appunto, creatività.

La mia idea è che i metodi funzionano, ma ciò che fa la differenza è provare e riprovare a svolgere un buon numero di esercizi di scrittura. Ma, prima di tutto, dobbiamo chiarire un paio di aspetti sulla scrittura creativa in sé.

Cos'è la scrittura creativa. Un modo per entrare in relazione con noi stessi e gli altri. Un modo per scoprire nuovi mondi. Un modo per raccontare il nostro mondo con nuovi occhi.

Cos’è la scrittura creativa

Già. Magari fosse semplice parlare di scrittura creativa e suggerire un modo univoco per coltivarla. Tanto più che è lo stesso concetto di creatività, detto per inciso, a sfuggirci: esso dipende da noi almeno al 75%, e solo per il 25% dalle parole che utilizziamo. In fondo a questo post troverai alcuni ottimi esercizi di scrittura creativa che sono parte integrante del mio metodo di lavoro, al quale ho dedicato ben quattro laboratori online di scrittura, che ognuno può frequentare quando vuole, da casa.

Tornando ai miei esercizi e suggerimenti, ti aiuteranno a migliorare la scrittura lavorando su di te e sul tuo potenziale e, in seconda battuta, sulle parole che usi. 75 e 25 abbiamo detto. Prima di proporteli, però, ho bisogno di chiarire alcuni concetti: primo tra tutti, il rapporto tra creatività e scrittura.   

Scrittura e creatività non vanno sempre d’accordo. Anzi. La scrittura, essendo composta da simboli che in qualche modo rappresentano un significato, un pensiero o una relazione, si pone come “contenitore” di oggetti ed emozioni, e aiuta a costruire il nostro punto di vista rispetto a essi. In ultima analisi, ci permette una visione di insieme, ma allo stesso tempo ci allontana dagli oggetti che vorrebbe spiegare, perché in qualche modo li cristallizza. Non è un cavillo il mio: sono proprio queste, ad esempio, le basi della cosiddetta scrittura terapeutica, sorta di medicina psicologica e narrativa che, attraverso una serie di esercizi e pratiche interiori, promette il compiersi di un viaggio interiore alla ricerca di ciò che blocca il nostro potenziale personale e professionale. Quindi, una scrittura che aiuta a fissare il proprio vissuto e ci fa guardare dentro, vedere i nostri blocchi. In pratica, evolverci e crescere.

Il rapporto tra scrittura e creatività

La creatività, al contrario delle parole, non è un “contenere” ma un “esplodere”. È un vortice che ti trascina con sé e ti dona la capacità di non sentire più lo scorrere del tempo, di provare piacere per il semplice fatto di fare qualcosa senza curarti del risultato finale, di aggirare il pensiero cosciente e di non sentire il bisogno di ottemperare alle tue funzioni fisiologiche di base.

Lo sanno bene gli atleti che si allenano in vista di una gara importante. Lo sa altrettanto bene chi perde la cognizione del tempo, la fame e qualche ora di sonno quando scrive. Lo sanno gli artisti che si fanno rapire dalla propria opera e grazie a essa entrano in un mondo nuovo. Lo sapeva benissimo, al punto da teorizzarlo, Mihály Csíkszentmihályi, che nel 1975 ha elaborato formalmente la teoria del flusso, definendola una condizione ottimale per lo svolgimento di un compito caratterizzata da:

  1. coinvolgimento che va al di là della semplice concentrazione e partecipazione,
  2. capacità di focalizzarsi sugli obiettivi, talvolta anche visualizzandoli,
  3. motivazione superiore ai livelli normalmente raggiungibili,
  4. gratificazione totale nello svolgere una certa azione, solo per il fatto di svolgerla.

Ecco perché parlo di rapporto conflittuale: da una parte la scrittura è un gesto che fa da contenitore, e come tale serve a dare forma a energie e pensieri; dall’altra la creatività è un magma incontrollabile che per definizione non ha bisogno di forme e, se può, le supera. E allora che si fa? Molto semplicemente, si cambia prospettiva e si mettono in ordine le cose. Per riordinare il tutto occorre guardare alla scrittura creativa come il risultato di un processo che coinvolge prima di tutto l’autore, la sua interiorità, i simboli che utilizza per percepire, capire e descrivere il mondo, e solo in un secondo momento l’atto della scrittura in sé.

Laboratorio di scrittura creativa e consapevole.

A cosa serve un corso di scrittura creativa

Prima l’autore, poi le sue parole. Questo è l’obiettivo dei miei corsi di scrittura creativa e copywriting digitale,o gli altri corsi di formazione per Copywriter, Storytelling Specialist e Content Marketing Specialist. È un approccio molto utile, che permette di far sprigionare il vero potenziale delle persone e, tra le altre cose, di sfatare molti miti duri a morire. Tra questi, il fatto che la scrittura creativa nasca da un non meglio definito talento innato, oppure dall’abolire aggettivi o avverbi superflui. Ci mancherebbe, sono anch’io del partito della scrittura essenziale: ma insegnare a studenti e corsisti che la scrittura creativa nasce dalle parole che utilizziamo è semplicemente un falso.

Le parole, semmai, sono uno strumento grazie al quale tentiamo di colmare una sensazione di “vuoto” che ci accompagna da sempre; ma da sole non ci permettono di arrivare a nessuna creatività. Anzi, ho appena detto che per loro natura ci allontanano dagli oggetti presi in sé stessi: come possiamo pretendere che ci avvicinino a un concetto – la creatività – che rappresenta una delle più grandi astrazioni della mente umana?

Il ruolo delle parole, casomai, deve essere un altro: in quanto ponte tra noi e gli oggetti del mondo, ci devono semplificare il processo di avvicinamento, alla fine del quale – e solo alla fine – risiede la vera creatività.

Dire: “Elimina tutti gli avverbi, mi raccomando. E scrivi usando meno aggettivi possibile! Ah, le forme passive… via! E rileggi sempre quello che hai scritto!”, è come dire che per andare in bicicletta ti occorre una bicicletta. Il punto non è soffermarsi sulle banalità. Il punto è pedalare come Nibali, ed è un’altra faccenda. Faccenda che dipende per il 75% da te, dal tuo allenamento e dalla mentalità con cui affronti il tuo personale Passo Pordoi. La creatività è una ricerca continua, non un avverbio in meno.

La scrittura espressiva. Il miglior modo per utilizzare la scrittura creativa in modo da conoscere noi stessi, crescere, migliorare.

Come coltivare la scrittura creativa

Partiamo dall’inizio. Per definizione la scrittura creativa è tutto ciò che non riguarda la sfera della scrittura professionale. Racconti, poesie, romanzi, sceneggiature per cinema, serie tv e teatro: questi sono solo alcuni dei suoi prodotti. Si comincia a parlare di scrittura creativa a inizio ‘900 negli Stati Uniti, ma soprattutto si inizia a insegnarla in appositi corsi di “scrittura narrativa” che pongono l’accento sull’educazione della persona all’interno di un processo che dura tutta la vita e all’interno del quale non esiste un punto d’arrivo. Quindi, pratica, pratica e ancora pratica. Per sempre, finché morte non ci separi da noi stessi. Prendono così l’avvio i primi corsi e laboratori di scrittura creativa, tenuti generalmente nei campus degli States da docenti che possiamo immaginare come il professore John Keating ne “L’attimo fuggente”, giusto per dare un paio di coordinate visive alla cosa.

Facciamo un salto temporale e arriviamo agli anni ’80, quando la scrittura creativa esplode. In America come in Europa iniziano a fiorire scuole di scrittura creativa e l’insegnamento di questa materia esce da un ambito prettamente universitario e accademico. Le esperienze sono molteplici, i metodi di scrittura si moltiplicano e le scelte didattiche, di conseguenza, non si contano. Da questo momento in poi possiamo riconoscere due tendenze distinte:

  1. lavorare sulla tecnica, sullo stile e sulla realizzazione di testi creativi caratterizzati da precise regole formali (es: una sceneggiatura, una poesia, un racconto breve)
  2. lavorare su se stessi e utilizzare la scrittura creativa come mezzo per conoscere se stessi e leggere il mondo che ci circonda in modo critico e consapevole.

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All’interno di questa dicotomia, la definizione di scrittura creativa assume connotazioni diverse a seconda dell’insegnante e del percorso proposto. Si parla di scrittura efficace, di scrittura terapeutica, di scrittura espressiva, di scrittura consapevole, di scrittura autobiografica. Emerge via via il rapporto con la psicologia, l’antropologia o perfino la meditazione. Anche con la Rete! Sì, perché perfino la scrittura online, il Web Writing, ha bisogno di creatività e di un approccio innovativo se vuole evolversi e aiutarci a produrre contenuti interessanti.

Si frammenta l’atomo al punto che oggi non si contano i master o i corsi di scrittura creativa. Ma il vero problema, se vogliamo, è giungere a una definizione non dico unitaria e omnicomprensiva di scrittura creativa, ma almeno non subatomica. Da dove cominciare, quindi, per riannodare i fili e chiarire il contesto?

Esercizi di scrittura creativa

Esercizi di scrittura creativa: ecco da dove partire

Studiando la materia da quando ho una penna in mano e insegnando scrittura e copywriting da anni, sono giunto a una definizione di sintesi. Un metodo di scrittura creativa, per dirsi tale, deve basarsi su alcuni pilastri. Prima di elencarli, dirò ancora che per me il testo è un’entità fisica percepibile da tutti i sensi dell’uomo, ai quali andiamo ad aggiungere l’immaginazione, la capacità di astrazione e l’emozione. Migliorare la propria scrittura significa accordarsi ai pilastri. Eccoli:

  1. Capacità di sintesi e gestione dell’ordine
  2. Chiarezza e comprensione
  3. Riduzione della distanza
  4. Presenza dell’autore
  5. Ritmo
  6. Suono
  7. Visione
  8. Gestione del flusso.

Cosa vuol dire coltivare la sintesi? Sintesi non è scrivere il meno possibile, costi quel che costi. Lo sottolineo perché spesso mi capita di sentir dire il contrario, come se scrivere in modo sintetico volesse dire essere oltremodo stringati. La risposta è: “Dipende”. Dipende dalle caratteristiche del mezzo usato, della situazione comunicativa, dell’effetto che vogliamo produrre sul lettore, dell’ordine degli elementi testuali in base alla loro importanza reale o percepita all’interno del testo. Tutto ciò ha a che fare prima di tutto con noi stessi in quanto autori del testo e con l’effetto che vogliamo produrre in chi legge, ma anche con la struttura del testo stesso, lo spazio a disposizione, il tempo di percezione di un determinato concetto e l’emozione che precede quel concetto. Ciò che voglio dire è che la sintesi è naturalmente collegata ai sensi prima ancora che al numero delle parole: per affinare la nostra sensibilità è necessaria molta pratica. Ecco gli esercizi di scrittura che ci aiutano a farlo nel modo migliore.

Esercizio: le persone sono iceberg

Ipotizziamo che tu sia il personaggio di un romanzo. Dobbiamo quindi costruire una struttura che ti rappresenti. Prendi un foglio bianco e segna tutte le domande che vorresti porti, come in una sorta di auto-intervista. In seguito annota in colonna una serie di tratti fisici o attributi che ti contraddistinguono. Sei sempre spettinato? Ti alzi presto la mattina? Mangi velocemente? Ecco, cose così.

Quando hai completato la lista dei tuoi tratti caratteristici e risposto a tutte le domande, inizia a eliminare. Eliminare cosa? Molto semplice: classifica il materiale ottenuto in

  1. elementi importanti e utili per conoscerti e descriverti meglio,
  2. dettagli (ossia tutto ciò che, pur riguardandoti, non è fondamentale oppure potrebbe caratterizzare anche altre persone, che però non sono te),
  3. “dettaglissimi” (ossia le cose meno importanti, o comunque quelle che ti risuonano meno o non ti convincono).

Riscrivi tutto mantenendo l’ordine individuato: al primo posto i tratti fondamentali e le domande sostanziali e indispensabili; al secondo posto tutto ciò che non è poi così importante. In fondo i “dettaglissimi”. Cerca di ascoltare ciò che ti dice l’intuito, perché è questo il vero esercizio di scrittura creativa: affinare la capacità di cogliere gli elementi fondamentali che permettono di descrivere parzialmente un oggetto (tu) o un concetto, ma che ti aiutano a coglierlo nella sua totalità. Un atteggiamento fondamentale, questo, per capire che “Less is more” è una frase buona per fare colpo su (sempre meno) persone. E che la sintesi è dire esattamente ciò che serve in uno spazio dato. In altre parole: “Enough is more”.

Esercizio: trovare l’equilibrio tra sintesi e contenuto informativo

Ogni tanto mi capita di sbagliare lavaggio e tirare fuori dalla lavatrice un maglione in scala 1:4. La cosa fantastica di questa piccola svista quotidiana è che il maglione, da un certo punto di vista, è lo stesso di prima: è quel maglione lì, comprato in una certa occasione o regalatomi da quella specifica persona. Non è cambiata la sua essenza di maglione: eppure ora lo potrebbe indossare il gatto.

Cosa c’entra questo esempio con la scrittura creativa? Semplice: prendi un articolo di una rivista digitale o blog, o anche il capitolo di un romanzo, e trattalo come fosse il mio maglione di lana. Leggilo, annota la scaletta degli argomenti, prendi appunti sullo svolgimento logico e sulla consequenzialità dei punti trattati. Segna anche la lunghezza, poniamo siano 2.500 caratteri spazi inclusi. Poi riscrivilo, riducendone la lunghezza del 25% (quindi da 2.500 caratteri devi arrivare tassativamente a 1.875) ma mantenendo lo stesso livello informativo.

Il che vuol dire non perderti informazioni per strada. Una volta completato questo passaggio, torna all’articolo di partenza e inizia una seconda operazione di “taglio”. Stavolta però il prodotto finale dovrà essere lungo al massimo 1.250 caratteri spazi inclusi. Se ti è difficile rispettare misure così stringenti, all’inizio datti un 10% di tolleranza in più o in meno. Pertanto, 1.875 caratteri vorrà dire da 1.687 a 2.062 caratteri spazi inclusi. Continua così: riducilo a 625 caratteri. Come avrai capito l’operazione si fa sempre più complicata.

È questo il punto: l’esercizio serve a farti capire che una maggiore sintesi ti sarà possibile finché sarai in grado di gestire agevolmente i diversi livelli di priorità degli argomenti trattati. Prima o poi, molto semplicemente, non ti sarà più possibile farlo. E allora inizierai a dover operare delle scelte: quali informazioni posso tralasciare? Così facendo, l’articolo diventerà sempre più stringato e la struttura informativa originaria sarà compromessa. Avrai sempre meno spazio per dire tutto: dovrai pertanto dire ciò che serve veramente. Sarai pertanto chiamato a scegliere gli elementi fondamentali, se vorrai restare dentro il numero di caratteri definito. Ma, alla fine, essendo costretto a lavorare su un numero di caratteri esiguo, scoprirai che ogni singola parola può fare la differenza.

Esercizio: lavorare sul ritmo del testo 

Scrivi un breve dialogo tra due personaggi che, per un certo motivo, stanno parlando. La discussione è garbata ma a modo suo elettrica, e uno dei due personaggi inizia a innervosirsi. Fai in modo che il dialogo si concluda con il personaggio innervosito che manda al diavolo l’altro. Una volta scritta questa scena, lasciala riposare un po’, poi quando ti senti pronto riprendi in mano il testo. Stai entrando nel cuore dell’esercizio: prendi il personaggio innervosito, studia ciò che dice e ciò che fa, come si comporta durante lo svolgimento della scena da te descritta. Appesantisci tutto, allunga le frasi, fallo girare intorno agli argomenti, aggiungi elementi discorsivi che fanno perdere al lettore la naturale sensazione di immediatezza di un dialogo sempre più serrato, destinato a concludersi con un “Vai al diavolo!” ben assestato. Aggiungi inoltre degli elementi secondari – veri e propri “dettaglissimi” – come ad esempio la descrizione dettagliata della giacca indossata da uno dei due, oppure ancora elementi che non si raccordano con il dialogo in sé. Insomma, perdi tempo. Giraci attorno. Allunga il brodo. A questo punto, rileggendo il tuo testo, potrai notare che, ok hai lavorato sul ritmo del racconto, ma anche che esso è intimamente con la sintesi, di cui è presupposto.

Un altro tema molto dibattuto è quello relativo alle tecniche di scrittura per coltivare la chiarezza espositiva  Dire le cose in modo chiaro non dipende solo dalle parole utilizzate. Piuttosto, ha a che fare con la trasparenza con cui l’autore si pone di fronte alla situazione che vuole descrivere o raccontare, e quindi con la comprensione derivante dal suo atteggiamento. Inoltre, spiegare un concetto in modo chiaro e comprensibile significa liberarsi da ciò che diamo per scontato. Prima abbiamo detto che le parole in qualche modo ci allontanano dai concetti, no? Bene, ora vediamo nella pratica cosa intendo.

Esercizio: scrivere in modo chiaro vuol dire spiegare

Immagina di trovarti di fronte un alieno. Egli proviene da un altro pianeta ed è vagamente antropomorfo. Riesce a comunicare grazie a un particolare dispositivo elettronico che fa le veci di un interprete simultaneo. Bene, per qualche motivo ora gli devi descrivere il gesto del bere un bicchiere d’acqua. Lui non sa cos’è l’acqua e non ha bisogno di bere per sopravvivere. Non sa neanche cosa sia una bocca, a dir la verità, dato che ne è sprovvisto . A te il compito di spiegargli in modo chiaro che cos’è l’acqua, cosa significa berla e perché, per vivere, noi umani siamo costretti ad assumerne una certa dose ogni giorno.

Esercizio: la chiarezza espositiva dei cinque sensi

Prendi una mela. Osservala in silenzio, senza far partire la solita ridda di pensieri del tipo: “Ah sì, questa è una mela. Ne ho mangiate tante in vita mia, anche quand’ero bambino…”. Cerca piuttosto di fare silenzio dentro di te e concentrarti esclusivamente sulla mela. Quando senti essere giunto il momento, prendi un foglio e descrivi la mela, senza mai nominare le parole “mela”, “frutto”, eccetera. L’unica tua accortezza sarà di descriverla, pur senza nominarla, abbracciando tutti i sensi: vista, udito, olfatto, gusto e tatto. Al termine di questa prima operazione domandati: “Qual è la mia relazione con questo oggetto?”. Se dovesse emergere una risposta che ritieni convincente, trova lo spazio giusto e aggiungila al testo scritto in precedenza.

Le parole producono due tipi di distanze: dall’oggetto descritto e dall’autore. Sperimentare la creatività significare intuire (dal latino “guardare dentro”) l’esistenza di queste due distanze e trovare il proprio modo per azzerarle o quasi. Un principio che la scrittura creativa tradizionale ha condensato nella formula “Show, don’t tell”: mostrare le cose, non limitarsi a nominarle, così da renderle reali agli occhi del lettore. Ecco alcuni esercizi di scrittura pensati per aiutarci a ridurre le distanze tra ciò che percepiamo e ciò che vogliamo descrivere.

Esercizio: trasformare le parole in immagini

Prendi il primo oggetto che ti capita sotto mano. Descrivilo in modo analitico, annotando le sue caratteristiche principali così come percepite da tutti i sensi. Sì, lo so: fin qui assomiglia all’esercizio della mela. In realtà si spinge oltre. Una volta completata la descrizione, ti chiedo di rileggerla e modificare tutti gli elementi che secondo te, invece di permettere a un ipotetico lettore di percepire l’oggetto in modo immediato, finiscono per allontanarlo. In sostanza ti sto chiedendo questo: più che una penna o una tastiera, fai finta di avere in mano una macchina fotografica o una cinepresa, e costruisci un’immagine verosimile dell’oggetto scelto. Tutto ciò che cozza con l’immediatezza di un’immagine va cambiato oppure corretto. Cerca una coerenza interna tra testo ed emozioni: non dire “color del sangue” se l’oggetto in questione è rosso, ma la scena all’interno della quale lo collochi non ha niente a che vedere con tensione, violenza o altri concetti potenzialmente collegabili all’idea di “rosso” e “sangue”.

Esercizio: una parola per dire silenzio

Questo è un esercizio di scrittura automatica che ben si adatta a ridurre le distanze tra oggetto percepito e parole. Vai a fare una passeggiata in un posto tranquillo. Un parco poco frequentato è il massimo. Stattene per conto tuo e, quando qualcosa attira la tua attenzione, osservalo per un po’. Tieni a portata di mano un taccuino e una penna. A un certo punto, dall’osservazione silenziosa inizieranno a emergere le prime parole. Annotale senza pensarci troppo: non è nemmeno detto che siano collegate a ciò che stai guardando. L’importante è che tu le annoti nella massima libertà, senza tentennamenti. Quando senti che il flusso si interrompe, l’esercizio è concluso: il suo scopo non è tanto creare un elenco di parole, quanto farti provare la sensazione di contatto tra parola, processo intuitivo e oggetto osservato. Eventualmente, una volta a casa, potrai scrivere un breve racconto che contenga le parole individuate grazie all’intuizione.

La scrittura è funzione della presenza dell’autore. Ogni testo è prima di tutto il prodotto di un autore: dico questo sulla base di due principi. Il primo: tutte le cose, prima ancora di essere realizzate, devono essere pensate. Quindi occorre qualcuno che la pensi. Il secondo: ogni cosa è utile per ciò che non è. Un bicchiere non è utile perché è un pezzo di vetro, ma perché ci metti dentro l’acqua. Così, un testo non ci è utile perché contiene delle parole, ma perché si pone come ponte tra noi e gli altri. Tra autore e lettore. Presenza dell’autore, dal mio punto di vista, vuol dire chiarire a tutti che nei tuoi testi, dietro alle parole, c’è una mano che le orienta. Scrivere bene è essenzialmente questo: coordinare pensiero e penna.

Esercizio: scrivere utilizzando i colori

Immagina due persone che parlano del loro caffè preferito. Scrivila, poi lascia decantare il testo. Il giorno successivo torna sul foglio e modifica il testo con l’obiettivo di ottenere tre versioni distinte del testo. Una versione “rossa”, una versione “verde” e una “blu”. Quello che devi fare è semplice: senza nominare le parole “rosso”, “verde” o “blu” devi inserire elementi descrittivi o testuali o di atmosfera che permettano di cogliere quanto più possibile il colore in questione. L’esercizio si conclude quando sottoporrai le tre descrizioni a un lettore ignaro al quale, una volta conclusa la lettura, chiederai: “Di che colore è?”. Per dare l’idea del “verde”, ad esempio, potresti inserire nella scena un quadro rappresentante una scogliera irlandese. Sarà un segno della presenza dell’autore nel testo.

Esercizio: meglio una scrittura creativa scaltra o intelligente?

Cosa penseresti se ti dicessi che sei scaltro ma intelligente? E se ti dicessi: “Sei intelligente ma scaltro?”. Come avrai capito, sono due cose ben diverse. “Scaltro ma intelligente” tutto sommato è un complimento. “Intelligente ma scaltro” è praticamente darti del furbetto. Ecco l’esercizio che ti propongo: elenca un certo numero di persone che conosci molto bene. Parenti, amici, colleghi: va bene tutto. Per ognuna di esse annota due o tre aggettivi o caratteristiche peculiari. Componi una brevissima frase, del tipo: “Il mio amico Andrea è gentile e scrupoloso, ma svogliato”. Prova a cambiare l’ordine dei tre aggettivi e vedi cosa succede.

Il ritmo di un testo è intimamente collegato a ciò che l’autore infonde in esso in base a quanto vuol fare provare al lettore. Dirò di più: dato che la lettura prevede due fasi parallele, ossia la percezione del testo scritto e la “lettura mentale” delle parole, il ritmo è funzione della risposta fisiologica agli stimoli generati dal susseguirsi delle parole. Ecco perché, per lavorare in modo efficace sul ritmo della propria scrittura, bisogna prima di tutto capire il modo in cui esso interagisce con la “lettura mentale” e quale risposta fisiologica produce.

Esercizio: usare i numeri 

Prendiamo una sequenza casuale di quindici numeri. Ad esempio: 2, 2, 4, 5, 7, 6, 8, 9, 10, 10, 11, 4, 4, 3 e 1. Scrivi un testo di senso compiuto composto da quindici frasi composte nell’ordine da 2, 2, 4, 5, 7, 6, 8, 9, 10, 10, 11, 4, 4, 3, 1 parole. Poi immaginiamo di disporre i numeri che compongono la sequenza in ordine dapprima crescente e poi decrescente. Otterremo quindi: 1, 2, 2, 3, 4, 4, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 10, 11, e all’opposto 11, 10, 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 4, 4, 3, 2, 2, 1.

Scrivi altri due testi. il primo conterrà 1, 2, 2, 3, 4, 4, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 10 e 11 parole. Il secondo avrà invece 11, 10, 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 4, 4, 3, 2, 2, 1 parole. Rileggendo a voce alta i testi ottenuti, sperimenterai direttamente quali sono i due elementi che più di tutti ci permettono di comprendere se un testo ha ritmo oppure no. Essi sono il respiro e la “lettura mentale” stessa. Scrivere in modo creativo significa non trascurarli.

Scrittura, parola scritta e suono 

Ogni parola produce un particolare suono che la contraddistingue da tutte le altre. Se dico “casa” nella tua mente accadono tre cose:

  1. percepisci il suono dato dal giustapporsi delle lettere “c a s a”,
  2. afferri il significato della parola “casa”,
  3. elabori il concetto di “casa”.

Non una casa qualsiasi, ma la somma di che cos’è una casa astratta e di ciò che tu ritieni essere “casa”. Per il momento ci basta sapere che ogni simbolo, ogni parola si porta dietro un suono, ed è su questo che devi lavorare se vuoi scrivere in modo creativo, efficace e convincente.

Scegli alcuni consonanti: ad esempio la R, o la T, o la L. Ripetile a voce alta, una alla volta, più volte ciascuna. Man mano che procedi, annota le tue impressioni. Ad esempio, la R a me fa venire in mente cose dure, rigide, ranicchiate. Fa pensare alla R di ruggine o al suono secco della parola ruffiano. Mi ricorda il “ri-poso!” ordinato da un tenente ai propri soldati. Ma anche il gesto risoluto del rialzarsi dopo una caduta e ripartire. Bene, a te cosa ricordano le lettere che hai scelto? Vorresti provare a scrivere delle frasi con più R, T o L possibile?

Qualcosa del tipo: “Seduti sui rispettivi sgabelli sorseggiamo Sassicaia e assaporiamo la promessa di un sabato sonnolento e inoperoso. “Sfaccendati! – sibila mia suocera. – Sono mesi che scansate ogni sforzo! Responsabilità? Non se ne parla! Mansioni di casa? Fastidiose e spiacevoli solo a dirsi! E’ una sventura ospitarvi qui!”   

Prova a ripetere l’esercizio utilizzando ogni volta una consonante diversa. Poi prova con le vocali. La cosa importante è prendere confidenza con la vibrazione, il suono e la sensazione derivante. Costruire frasi e testi utilizzando in modo consapevole il suono delle parole è un ottimo modo per dare forza ai propri testi e produrre nel lettore quei particolari effetti che costituiscono la base di ogni situazione comunicativa.

Scrittura e visione: come creare descrizioni che rendono vivi gli oggetti 

Sarebbe bello osservare una stanza e sapere tutto delle persone che ci vivono. Di fatto un po’ è così: di sicuro la scrittura, in quanto prodotto del pensiero, amplifica il processo per cui oggetti e fenomeni ci parlano.

Coltivare la capacità di guardare il mondo attraverso la scrittura creativa significa allenare l’occhio a cogliere la natura di tali oggetti e fenomeni.

Puoi esercitarti su questo fronte in mille modi, ma solo una strada porta risultati concreti: fai vivere gli oggetti. Personificali, fai compiere loro azioni specifiche, anche se di primo acchito ti sembrano semplici ornamenti della tua scena. Perché scrivere “Mentre guardo il cielo, ti penso” non equivale a scrivere che “Nuvole grigie mi parlano di te”. Cos’è cambiato? La nuvola è un oggetto della percezione, per sua natura non parla. Il grigiore del cielo stabilisce un legame invisibile con l’interiorità del protagonista di questa frase. Tutto qui? Forse sì, e non è poco. Ma se coltiviamo la capacità di vedere, scopriremo intorno a noi un linguaggio fatto di silenzi, immagini, cose accennate. Tutti elementi che costituiscono la vera base, forse l’unica, della scrittura creativa.

Corso di scrittura creativa. Perché raccontare deve essere un piacere.

Come scrivere gestendo il flusso creativo

All’inizio di questo post abbiamo parlato del flusso teorizzato da Mihály Csíkszentmihályi: quella sensazione di benessere, estrema focalizzazione sul fare in sé e perdita dei riferimenti spaziali e temporali che contraddistingue lo sperimentare la creatività. Non molto è stato detto su come entrare nel flusso e quando uscirne. Io credo che la questione vada posta in termini strettamente personali: anche perché non credo esista un unico tipo di flusso creativo. Si è nel flusso quando si è nel flusso, ci si accorge di esserne usciti quando esso ha finito di dirci ciò che doveva. O, peggio, quando non sappiamo trattenerlo e ci distraiamo.

C’è però un modo, io credo, per conoscerlo da vicino: cominciare da una domanda semplice: “Ma io, quando scrivo, cosa sono?”. Perché non provi a rispondere a questa domanda per iscritto? Prendi foglio e penna e scrivi liberamente: “Ma io, quando scrivo, cosa sono?”. Scrivilo, senza stare tanto a pensare alla risposta. Scrivi per il gusto di scriverlo, di dirlo agli altri ma prima di tutto a te. Gioca a rivelarti, solo così potrai scoprire il potenziale creativo e il tipo di dono che puoi fare agli altri grazie alla scrittura creativa. Sì, perché in ultima analisi ogni strumento, ogni passione che ci viene data è uno strumento per donare qualcosa a noi stessi e agli altri. Puoi scrivere per pubblicare un romanzo, tenere il tuo diario personale, scrivere perché il mondo non ti piace (lo diceva Bradbury, eh, non sono parole mie!), scrivere per capirti o ammazzare il tempo. Puoi scrivere di getto perché hai dell’energia da buttare fuori. Scrivere perché hai nostalgia di qualcosa o qualcuno. Scrivere perché è tutto così meraviglioso, e va detto. Scrivere perché poter dire è un miracolo. Io non so perché scrivi. L’importante è che lo sappia tu! In questo senso, la scrittura può diventare un metodo per conoscere se stessi e il proprio rapporto con la creatività e la facoltà di esprimere le proprie emozioni: non a caso si parla di scrittura espressiva.

In ogni caso sceglierai tu cosa fartene della scrittura, e soprattutto deciderai tu come scrivere le tue emozioni: solo in quel momento capirai cos’è la scrittura creativa. Cos’è per te, e quindi in assoluto. Prova a porti questa semplice domanda: cosa sono quando scrivo? Se non ti viene in mente niente, pazienza: scrivi che non riesci a scrivere, comincia da qui. Poi vai avanti; rifai l’esercizio se ti piace. Provalo più volte. Testa bassa, non mollare. La risposta potrebbe cambiare nel tempo. Va bene così, da un certo punto di vista sei tu che stai cambiando.

La mia esperienza tra scrittura, creatività e. flusso. Alla scoperta della “giustezza”

“Ma io, quando scrivo, cosa sono?”: potresti riempire un quaderno, come è successo a un mio studente. Oppure fare come me: ho scritto quintali di frasi per rispondere a questa domanda. Poi, un giorno, ho buttato il quaderno nel caminetto. Mentre il fuoco si nutriva di carta e ore spese a capire, ne ho preso un altro e ho ricominciato daccapo. Però ho scritto solo una parola. Una. Cinque lettere, le uniche che contano qualcosa mentre scrivo e che, da allora, mi ricordano chi sono e cosa sono quando scrivo.

In seguito, grazie a quest’ultimo esercizio io stesso ho coniato il mio personale vocabolario della scrittura creativa: so riconoscere l’Urgenza, il momento in cui scrivere è l’unica cosa che conta. Sento arrivare idee e ispirazione per scrivere, ed è come se il testo si componesse da solo. Io ci metto solo il Mac e le mani. Così come arriva, la creatività se ne va. A un certo punto sento una sensazione che non saprei definire se non parlando in termini di Giustezza. La giustezza arriva quando è tutto ok. Tutto è così perché è esattamente come deve essere, né più né meno. Le cose sono tornate a posto. Il mondo è di nuovo in ordine. Pulito, silenzioso. Quando sento la Giustezza pervadermi, posso smettere di scrivere, perché la scrittura ha esaurito il suo compito. Il flusso ha svolto il suo compito. Forse qualcosa è cambiato: non so bene cosa. Lo cercherò domani. 

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